Figlio di “secondo letto”: tutela, assegno e diritti successori

Foto di Pixabay da Pexels

La Rideterminazione dell’assegno di mantenimento nei confronti del primo figlio alla luce della dimostrazione dell’eventuale peggioramento della propria situazione reddituale/patrimoniale

Come già detto, per avviare il procedimento di modifica delle condizioni di separazione è necessario sostenere e provare, tramite allegazione, fatti e/o eventi sopravvenuti che abbiano causato una alterazione dell’equilibrio preesistente e quindi comportino la necessità di adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale.

Pertanto nel caso in cui uno dei genitori, già genitore di figlio minore nato dalla precedente relazione (e conseguente obbligo al versamento di un assegno di mantenimento in favore dello stesso)  intendesse domandare la modifica delle condizioni di separazione a seguito della nascita del secondo figlio, dovranno essere valutate tutte le circostanze fattuali che compongono la situazione del soggetto interessato, soprattutto sotto il profilo eocnomico (ad es. mutamenti reddituali in conseguenza di diverso impiego o perdita dello stesso; diminuzione reddituale dovuta ad un nuovo contratto di affitto per la residenza della nuova famiglia, nuovi obblighi economici nei confronti di quest’ultima etc.).

Merita ribadire tuttavia che la rideterminazione del mantenimento dei figli in caso di formazione di nuova famiglia non è un percorso “automatico” ma sottoposto alla valutazione del Giudice sulla base di quanto allegato e documentato nel corso di un eventuale giudizio.

In proposito, seppur nell’ipotesi di cessazione degli effetti civili del matrimonio, si è pronunciato assai di recente il Tribunale Salerno (Sez. I, n.670del 17/02/2020) secondo il quale “nella determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli, in sede di divorzio, si deve tener conto della sopravvenienza di figli di secondo letto (nel caso di specie il Tribunale, facendo applicazione del suesposto principio, ha riconosciuto, in merito al mantenimento della figlia di primo letto, che il genitore era gravato dall’impegno nei confronti di altro figlio di secondo letto; tuttavia, ha evidenziato che la figlia di primo letto, pur essendo maggiorenne e diplomata, ancora non lavorava, per cui il tribunale ha ritenuto equo confermare quanto stabilito nella sentenza di separazione, quindi confermare l’obbligo a carico del padre di corrispondere alla madre la somma rivalutabile a titolo di mantenimento della figlia di primo letto)”.

Per quanto riguarda invece la diversa questione della situazione ereditaria della famiglia creatasi a seguito di separazione personale di uno dei conviventi e/o coniugi, si precisa che solo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio fa venir meno il vincolo matrimoniale e lo stato di coniugi separati.

A seguito del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, quindi, gli (ex) coniugi riacquistano la libertà di stato: dunque solo da questo momento essi potranno contrarre un nuovo matrimonio [1].

Inoltre con il divorzio i coniugi perdono lo status coniugale quindi anche la qualità di legittimari e di successibili legittimi, così che non sono reciprocamente chiamati a succedere, salvo che vi sia espressa istituzione testamentaria.

Con il divorzio viene meno inoltre anche il diritto agli alimenti: in proposito si chiarisce che tale espressione è utilizzata nel linguaggio comune in modo improprio per indicare l’assegno di mantenimento dovuto al coniuge a seguito di separazione, mentre ai sensi della disciplina codicistica il termine sta a indicare una  fattispecie completamente diversa regolata dall’art. 433 Cod. civ. e ss. [2].

Invero il diritto agli alimenti si differenzia dal diritto al mantenimento in quanto presuppone lo stato di bisogno e l’impossibilità dell’avente diritto di provvedere al proprio mantenimento, limitatamente a quanto è necessario per la vita, tenuto conto della sua posizione sociale (art. 438 Cod. civ.). Il mantenimento invece prescinde dallo stato di bisogno del coniuge separato e tende a garantirgli la conservazione del tenore di vita precedentemente goduto.

La dottrina ha correttamente osservato che destinatario tipico del diritto agli alimenti è il coniuge al quale la separazione è stata addebitata, il quale diversamente avrebbe diritto al mantenimento.

Solo in caso di divorzio l’obbligo alimentare viene a cessare (ma potrà essere sostituito dall’assegno divorzile).

Il coniuge separato ha infine diritto alla pensione di reversibilità e alle indennità previste a favore del coniuge superstite, nonché ad altre indennità.

A differenza di quanto previsto a favore dell’ex coniuge dalla legge sul divorzio, il coniuge separato non ha alcun diritto ad una quota del trattamento di fine rapporto percepito dall’altro coniuge.

Ciò premesso e chiarito, si precisa quindi che in assenza di divorzio, l’ex coniuge vanta senza dubbio diritti ereditari nei confronti dell’altro/a e lo stesso vale anche per i figli, che siano nati dal primo o dall’altro rapporto, matrimoniale o meno, mentre il soggetto meramente convivente di cui al rapporto successivo, in assenza di coniugio, di espressa disposizione testamentaria e/o di contratto di convivenza [3] non vanta alcun diritto in tal sneso neui confronti dell’altro/a.


[1] Salvo Il rispetto del divieto di temporaneo di nuove nozze di cui all’articolo 89 Cod.civ.

[2]

Art. 433 Codice civile – Persone obbligate

All’obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell’ordine:

1) il coniuge;

2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;

4) i generi e le nuore;

5) il suocero e la suocera;

6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

[3]  I contratti di convivenza sono accordi con cui la coppia definisce le regole della propria convivenza, attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali della stessa e alcuni limitati aspetti dei rapporti personali. L’accordo può essere usato anche per disciplinare le conseguenze patrimoniali della cessazione della convivenza. Il contratto può altresì contenere clausole relative all’ipotesi di successione, senza tuttavia poter intaccare, così come la disposizione testamentaria, il limite della quota di legittima spettante agli eredi.